Lettera a te stesso

E insomma, sei arrivato a questa data che non avresti voluto mai sentire. Mezzo secolo. Céline avrebbe tirato un saettante porco***…seduta stante, su due piedi…Da una parte hai sempre avuto il terrore di arrivarci, ed è già un po’ di anni che ti prepari, sia fisicamente che mentalmente, perché significa che sei entrato nel secondo round della vita. E che sei ancora vivo. Ma non accetti il tuo diventare, ancora aspetti e cerchi di barare con il tempo.

Il tuo obbiettivo era quello di superare l’età di tua madre quando è morta. E quella l’hai superata. Mettere un cinque e uno zero ti dà molto da pensare, soprattutto su tutto quello che hai fatto fino ad adesso. HaI avuto un’ischemia, incidenti stradali e macchine distrutte, ti hanno sparato più di un paio di volte ma non hai mai fatto la vittima perché è il tuo lavoro; in passato hai rotto qualche naso e preso qualche pugno. Hai fatto del bene e a volte pure del male. Hai ricevuto amore, a volte meno di quello che hai dato. Altre più di quello che hai ricevuto. La tua vita l’hai bruciata senza risparmio, d’altronde non hai mai rinunciato a nulla. Hai avuto un sacco di esperienze belle e spesso anche brutte. Hai perso amici, trovato altri, visto morire qualcuno, hai toccato il fondo nel pozzo e poi sei risalito al cielo. Per aspera ad astra è tatuato sul tuo braccio. Tante volte sei caduto e tante volte ti sei rialzato. Succederà ancora. A volte hai pensato che sarebbe stato bello avere vent’anni di meno per evitare certe cazzate, recuperare il tempo perduto, rincorrere un sogno. Poter percorrere strade di ieri con l’esperienza acquisita oggi. Però se fosse stato tutto diverso e fatto con cuore leggero, oggi non saresti qui a scriverne. E non avresti incontrato le stesse persone che hanno poi incrociato la tua esistenza. Avresti preso una laurea senza perdere anni, senza sogni astrusi che non fossero progetti concreti, saresti un avvocato o un medico o un soldato, come volevi diventarlo a sedici anni. Vita precisa, un percorso già deciso. Avresti dei soldi da parte, magari, e una professione sicura. Ma tu non sei fatto così e mai lo sarai. E probabilmente non avresti più così tante cose da raccontare, e sicuramente molta meno esperienza di quella che la vita ti ha dato in questi anni.

A vederla scorrere davanti agli occhi, la tua, a raccontarla, è piena di storie assurde, notti insonni, periodi di fuoco, tempi morti, giorni persi, occasioni sprecate, persone importanti e meteore passate, botte prese e date, frasi d’amore e d’odio regalate. Di pentimenti e promesse non mantenute, di successi, sogni e fallimenti.

Questa è la tua lettera. Altre volte le hai scritte, ma mai a te stesso. Tutto quello che hai fatto ha un senso e una direzione. Anche se strano, assurdo e non progettato. Oggi hai pure due canzoni per questa lettera, che a recitarla ci metti nulla. Una è della tua terra, la Lombardia: si chiama ‘La terza onda’, ed è di Davide Van Des Sfroos.

“E sun che a specià la terza unda e sun che per vedè cume la sarà E sun pruunt a basà la terza unda e sun pruunt a ciapà tücc i so s’ciàff

La terza onda, quella che aspetti dopo le prime due. Quella che ti porta più lontano e che nello stesso tempo ti riporta a casa.

E poi ‘La vita è una’ de Il Muro del canto. Da Milano a Roma, un viaggio che hai fatto anni fa. Dove hai trovato sonorità e luoghi differenti ma che ti colpiscono entrambi nel cuore, perché simili. E come al solito, nel tuo muoverti, la ragione prima è sempre stato lui.

Capoccia alta e cor cortello in mezzo ai denti Se famo forza cor soriso dei perdenti S’è fatto duro il gioco prima de iniziallo Dura la vita e nun c’è modo de fermallo

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